Elezione Obama: contenti, euforici… o altro?
Da ieri mattina, alle 5, quando mi sono alzato per vedere i risultati delle elezioni americane, non riesco a decidermi. A sprazzi mi sento profondamente commosso; mi succede quando alla televisione vedo intervistate delle persone di colore di settanta, ottant’anni, che profondamente emozionate, al di là di ogni finzione politica, ed al di là del facile entusiasmo dei giovani, si mettono a piangere ricordando quello che hanno vissuto negli anni Sessanta e che vedono l’immensità del percorso fatto. Poi ci sono dei momenti in cui sento la rabbia per il trionfo di Barack: alla faccia di chi lo trattava da “giovane vagheggino” (Paolo Granzotto su Il Giornale) e da “estremista inesperto e poco capace” (Maria Giovanna Maglie), dei repubblicani iper-conservatori e refrattari, dell’America profonda becera e contenta di esserlo, dei malati di ombelichismo, del devastante e devastato Bush che ha trascinato la società mondiale in una situazione schifosa, di chi dava i Democratici come una specie in via di estinzione (dopo due elezioni presidenziali perse).
Passati questi momenti di festa però, mi fermo a mettere le bocce in prospettiva e il panorama mi sembra molto meno glorioso e roseo. Come primo punto, ripeto quello che dicevo alla vigilia delle elezioni: non pensiamo che un candidato alla Casa Bianca sia un intellettuale ascetico della Grecia delle Polis illuminato dallo spirito induista di Gandhi rinvigorito dalla “caritas umana” del miglior Papa. Uno statunitense resta uno statunitense, con una visione del mondo per forza statunitense; “tantissimo” più se si tratta di un uomo politico, ed in modo assoluto se questi diventa il rappresentante del “sentire comune” di tutti gli statunitensi. Vedo difficilmeente come Barack possa presentare un decreto legge per dimezzare l’inquinamento provocato dalle ciminiere Usa, rinunciare ai deleteri progetti difensivi di Echelon e dello scudo antiereo in Europa, chiudere le basi militari spuntate come funghi in Medio e Lontano Oriente, costringere Israele e Palestina ad un dialogo finalmente costruttivo ed efficace, mettersi a dialogare da pari con Russia, Cina, Iran, ridimensionare l’importanza della Nato per dare un pieno appoggio alla credibilità dell’Onu…. far capire agli americani che un Diritto Fondamentale dell’Uomo è l’aria o l’istruzione, non il porto d’armi.
A questo si aggiunge il modo in cui ha vinto Obama. Insomma, tutti sono d’accordo oggi, all’indomani della sua vittoria, nel dire che la campagna è stata portata avanti in modo ineccepibile, che ha vinto perché incarnava il nuovo e l’intonso, non contaminato da Washington, che il fattore razziale qualcosa ha contato (in bene, per una volta). La sua biografia è pulitissima, nessuna storia di alcolismo o infedeltà coniugali; ha lavorato nel sociale, rinunciando ad una ascesa in quanto avvocato a Manhattan; nei suoi discorsi elettorali non ha mai detto menzogne sull’avversario, non ha mai promesso cose irrealizzabili; ha attorno a sé gente moderata (ha a malincuore allontanato dalle sue amicizie anche un amico reverendo che a volte, nell’impeto dei suoi sermoni, si è dimostrato un po’ troppo aggressivo e rivendicativo); il resto del pianeta lo apprezza e tutti sarebbero contenti di mettersi attorno ad un tavolo ed a lavorare con lui. EPPURE.
Eppure ha vinto “solo” con il 51%. Voglio dire, 55 MILIONI di persone non hanno votato per lui, hanno votato per l’avversario. 55 milioni di americani si rifiutano di vedere tutto ciò e si ostinano a votare il partito che ha sostenuto Bush e le sue insane decisioni. Molti degli Stati considerati Repubblicani lo restano, ancorati in un autistica assenza di dibattito e di presa di coscienza, incapaci di evolvere in un contesto che evolve. Al di là di ogni scontro televisivo, di ogni spiegazione di un programma, di ogni “segno forte” che si voglia lanciare, di tutte le “cazzate” che si siano fatte, dopo otto anni di illegalità assoluta della politica statunitense (a livello internazionale con due guerre mai dichiarate ed una mai autorizzata dalla comunità internazionale nonché con Guantanamo, ed a livello nazionale con leggi liberticide come il Patriot Act), ’sta gente continua a votare come ha sempre fatto e forse sempre farà: Repubblicano. Sento sussurrare che Obama è mussulmano, che è forse infiltrato dai terroristi, che è comunista (cioè, tipo Stalin, capito?), e questi? Ci credono!!
Solo 5 o 6 Stati sono passati da una maggioranza Repubblicana ad una Democratica, spesso con percentuali irrisorie. Se si guarda al caso della Carolina del Nord, i due partiti ottengono 50 e 50: solo 10 mila voti permettono di distinguere uno dei due schieramenti. In Missouri la situazione è ancora più ridicola: solo 6 mila le voci di scarto. Questo è un presupposto molto negativo per il futuro: ai Democratici basta che il prossimo candidato sia un po’ meno performante, che abbia un po’ meno soldi per finanziare la sua campagna, un po’ meno carisma, che non si verifichi una crisi economica gigante come quella che imperversa da settembre, ed il magro bottino di vantaggio ripasserà in campo Repubblicano. Visto così il risultato di mercoledì mattina non è così positivo, non trovate? Bisogna solo sperare che nei prossimi quattro anni gli Stati Uniti siano letteralmente invasi da immigrati messicani. Possibilmente votanti.