Sguardo “altro” sul mondo

Elezione Obama: contenti, euforici… o altro?

Novembre 6th, 2008 Diego DID

Da ieri mattina, alle 5, quando mi sono alzato per vedere i risultati delle elezioni americane, non riesco a decidermi. A sprazzi mi sento profondamente commosso; mi succede quando alla televisione vedo intervistate delle persone di colore di settanta, ottant’anni, che profondamente emozionate, al di là di ogni finzione politica, ed al di là del facile entusiasmo dei giovani, si mettono a piangere ricordando quello che hanno vissuto negli anni Sessanta e che vedono l’immensità del percorso fatto. Poi ci sono dei momenti in cui sento la rabbia per il trionfo di Barack: alla faccia di chi lo trattava da “giovane vagheggino” (Paolo Granzotto su Il Giornale) e da “estremista inesperto e poco capace” (Maria Giovanna Maglie), dei repubblicani iper-conservatori e refrattari, dell’America profonda becera e contenta di esserlo, dei malati di ombelichismo, del devastante e devastato Bush che ha trascinato la società mondiale in una situazione schifosa, di chi dava i Democratici come una specie in via di estinzione (dopo due elezioni presidenziali perse).

Passati questi momenti di festa però, mi fermo a mettere le bocce in prospettiva e il panorama mi sembra molto meno glorioso e roseo. Read the rest of this entry »

Ed ora: the Election Day

Novembre 4th, 2008 Diego DID
On the left corner of the ring...

On the left corner of the ring...

Ci siamo, tra poco inizia il ballo. La grande notte delle elezioni americane sta per cominciare. Purtroppo, contrariamente ai miei piani, ho dovuto mettere via pop-corn, litri di caffè e coca stelle e strisce: domani maxi giornata di interpretariato, quindi imperativo essere il più in forma possibile. Guarderò un po’ ’sta sera la televisione e poi presto domani mattina mi rifarò un poco tv e internet.

... And on the right corner....

... And on the right corner....

Intanto ho rispolverato il file che avevo messo via quattro anni fa, con statistiche, previsioni e risultati del 2000. Non mi ricordavo di tutto questo lavorone!! Ho pure trovato delle formule excel che oggi non so neanche come avevo fatto ad inserire… Sto ancora studiando i dati, che non riesco quasi a decriptare, ma intanto ho ritrovato qualche curiosità annotata all’epoca.

Per esempio, sapete che la Florida era storicamente considerata democratica? sorprendente, vero? E’ solo dall’elezione di Bush (quale? padre? figlio? fratello?) che la Florida è passata nel campo repubblicano. Poi c’è il grande Stato del Texas, la Lonely Star del sud, il “Bush State”. Se è vero che i candidati presidenti vincono spesso (sempre?) nel loro Stato di provenienza/rappresentanza (John Kerry vinse in Massachussets, Clinton vinceva in Arkansas, Bush vinse le due volte a casa sua), allora i giochi dovrebbero essere fatti in Illinois ed in Arizona: il primo ad Obama, il secondo a McCain; con la sola differenza che l’uno dà diritto a 21 “Grandi Elettori” e l’altro 10.

Il Maine attribuisce i suoi Grandi Elettori in modo diverso dagli altri. Normalmente “winner takes all”: chi ha il 50% più uno nello Stato prende tutti gli elettori. In Maine invece 2 dei 4 GE sono aggiudicati con questo sistema, gli altri 2 con il sistema proporzionale. In Nebraska anche il sistema è diverso. Ed a proposito di Grandi Elettori: lo Stato che ne ha di più è la California, 55 (in teoria democratica ma capace di eleggere un repubblicano, Schwarzenegger, come Governatore); quelli che ne hanno di meno, 3 ciascuno, sono Wyoming, Vermount, South e North Dakota, Montana, il District of Columbia e….. l’Alaska! Quindi, facendo i conti: la Palin e McCain 13, Biden (Delaware) e Obama… 24. Alé, possiamo andare a dormire.

Vale ancora la pena citare due casi curiosi ed interessanti. Il Missouri ci azzecca sempre: chi vince in Missouri è effettivamente eletto Presidente alla fine dei conti. Una specie di cartina tornasole. I repubblicani invece diventano Presidenti quando riescono ad aggiudicarsi uno degli “swing States” più importanti: l’Ohio. Ed è proprio qui uno dei punti chiave dove si è giocata la partita della rielezione di Bush, per meno di 136 mila voti.