L’influenza degli italiani all’estero
Qualche giorno fa mi trovavo per motivi di lavoro a visitare pagine web riguardanti l’Australia. In quell’occasione mi sono imbattuto sul blog di Christian Antonini. Ne ho visitato alcuni post, ed uno in particolare mi ha spinto a partecipare con un commento. Trovando l’argomento interessante, ho pensato di trasformarlo in un post per il mio, di blog. Un bravo invece a Christian per l’idea di “Unire tramite la Rete tutti gli italiani d’Australia” con il suo diario online.
Christian si domanda a cosa serva esattamente il diritto di voto degli italiani all’estero istitutito due legislature fa, dopo anni di lotta da parte del deputato ex-missino Pierantoniomirco Tremaglia (notare l’italianizzazione dell’ultimo nome proprio, in classico stile ventennio). In particolare Christian emette dei dubbi a proposito dell’utilità di offrire tale strumento a degli italiani, emigrati magari nel dopoguerra, che magari italiani si sento solo in quanto contrapposizione alla nazionalità di coloro che gli vivono attorno, o a causa di angherie subite in un epoca in cui l’immigrato era trattato con pregiudizio (epoca ben lontana per gli italiani/spaghetti/maccheroni, ma ancora tristemente d’attualità in certi Paesi nei confronti di altre mazionalità….. ah, tra l’altro in Italia O_o….), ma che non hanno mai sentito particolare interesse per le vicissitudini politiche dello Stivale.
Io faccio notare con un commento che da espatriato recente dall’Italia, sono ben contento di poter dire la mia al momento delle elezioni. Sono 6 anni che mi trovo in Francia, e tutti i giorni apro siti di informazione italiana e blog di politica e società perché mi sento molto toccato da ciò che avviene in Italia, nella mia vecchia città, alla mia famiglia ed ai tanti amici che ho lasciato là. La nazione che mi ospita mi permette di esprimermi in quanto cittadino solo al momento delle elezioni locali, non per il Parlamento o per le presidenziali (per le europee potrei scegliere). Un giorno potrei ritornare in Italia a vivere, quindi non vedo per quale ragione non dovrei poter continuare ad interessarmi ed ad esprimere il mio parere, almeno al momento delle urne.
E’ vero che c’è gente che vive da 50 anni all’estero e a cui non frega niente di chi siede in Parlamento. Però qui bisogna relativizzare. Innanzitutto se non frega loro niente dell’Italia non è detto che si sbattano per votare. Poi, con la loro scelta non è che sconvolgono gli assetti della democrazia italiana. Ed apriamo qui una parentesi a proposito delle elezioni politiche del 2006.
Tutti ricordano come il voto degli italiani all’estero abbia salvato l’Unione dandogli uno o due seggi in più del 50% al Senato, quando questa si era già aggiudicata la camera bassa ma sembrava non avesse la maggioranza in quella alta. Da lì, un anno e mezzo di sofferti voti per far passare le leggi, attacchi e villipendi ai senatori a vita, minacce incrociate e giochetti da equilibristi a discapito della bontà dell’azione legislativa e dell’efficacia dell’azione di Governo sui grossi problemi della società italiana, non ultima la sempreverde telenovela Alitalia. In realtà il voto degli italiani all’estero ha assunto un ruolo enorme nell’immaginario collettivo solo perché i risultati delle circoscrizioni estere sono stati spogliati dopo gli altri, e quindi assurgono a causa o grazia, a seconda del campo politico, della vittoria del centrosinistra. Si tratta solo di un dato psicologico: la frittata l’avevano già fatta gli italiani in Italia, con il resto degli eletti.
Prendendo i dati dall’archivio storico del Ministero degli Interni, quindi i dati ufficiali (archivio organizzato un po’ male ed a prima vista in modo non logico),si scopre che per il Senato dei potenziali 2,43 milioni di elettori solo il 39,5% si è sbattuto ad esprimere una preferenza, e solo poco più di 890 mila schede sono state ritenute valide. Visto che in Italia c’erano un bacino di elettori di poco più di 43 milioni e solo 34,8 milioni sono risultate le preferenze valide, vediamo subito che ci sono 8,2 milioni di voti che si sono persi per strada sul suolo italico, vuol dire quasi dieci volte il parere espresso dagli italiani all’estero. Se si guarda ai votanti, quelli in Italia rappresnetano il 94,65% del totale, e quelli all’estero solo il 5,35%. La percentuale è già bassa, ma l’influenza del voto dall’estero diventa ancora più ridicola con il meccanismo di attribuzione del numero dei seggi: su 315 senatori solo 6 sono eletti fuori dalla madrepatria, cioè l’1,9%!! Capirai la lobby! Non è finita: l’influenza di questa casta è ulteriormente edulcorata dalla presenza dei senatori a vita, che nelle elezioni in oggetto erano 7, cosa che fa scendere la rappresnetanza effettiva a 1,8%.
Ecco come il 5,35% di italiani (con regolare passaporto, carta di identità ed in alcuni casi molto più) sono rappresentati dall’1,8% dei propri eletti al Senato, e sono accusati
- di aver pilotato la scelta della coalizione vincente, e quindi del Premier,
- di non essere abbastanza italiani da meritare un diritto che per 60 anni è stato loro più o meno sottratto.
Condivido con Christian ed altri che sono intervenuti sul blog il fatto che alcuni italiani all’estero siano via da talmente tanto tempo da non essere più toccati dalle vicende del Bel Paese se non da quelle della Nazionale. Non esistendo però un una “nazionalità gusto variegato”, per cui si possa distinguere a quale percentuale si è o no cittadini di una certa porzione di terriccio che è stato arbitrariamente ritagliato dagli uomini e dalla storia, il metodo che è stato da poco introdotto mi sembra il minimo dovuto a cittadini a lungo considerati, a torto o a ragione, di serie B. Puoi avere un po’ di questa nazionalità ed un po’ di un’altra? Avrei a questo proposito tante altre osservazioni da fare, ma mi discosterei dall’argomento del post; le tengo eventualmente per commenti o per altri articoletti. Mi limito ad aggiungere che pure quelli con doppia nazionalità non ne hanno 50% di una e 50% di un’altra, ma 100% di entrambe; poi per alcune cose pratiche si opta per una soluzione piuttosto che per un’altra (vi immaginate pagare le tasse e mettere da parte i soldi per la pensione due volte ).
Se dovessimo guardare a chi merita di influire sul corso di una elezione, io sarei per togliere il diritto di voto a ben altra gente, residente in Italia questa volta. sarebbe bello poter fare un patentino “Formazione Civica” e solo chi ce l’ha può partecipare. I parametri potrebbero essere molti: guardare almeno un telegiornale al giorno, non evadere le tasse, fare la raccolta differenziata, rispettare il limite di velocità, fare almeno un’attività di volontariato all’anno, assistere ad un paio di sedute di Circoscrizione all’anno, non insultare l’avversario (politico, sportivo, sul mercato del lavoro, lo straniero-immigrato)….
Ultima nota in calce. Uno dei due eletti della circoscrizione “Africa Asia Oceania Antartide” in causa si dimostra particolarmente attento a coloro che deve rappresentare e sufficientemente all’avanguardia a livello tecnologico da avere il suo proprio blog e da intervenire in risposta al quesito aperto da Christian. Ad oggi non sono testimone di questo slancio di democrazia partecipativa per quanto riguarda i miei rappresentanti: Nicola Di Girolamo e Claudio Micheloni, per conoscere il nome dei quali ho dovuto cercare sul sito del Senato.
Settembre 4th, 2008 at 00:38
http://italiani-in-australia.blogspirit.com/archive/2008/04/19/i-nostri-rappresentanti-in-italia.html