Olimpiadi di Pechino, dubbio amletico
Ore 8, 8 minuti, di venerdì 8 agosto (8) 2008. Qui a casa mia, in Europa. Tra esattamente 6 ore saranno le 8 e 8 di sera a Beijing, anche detta Pechino, quando si accenderanno i riflettori sui Giochi Olimpici cinesi. Ogni quattro anni il rito è lo stesso: ci si appassiona a sport che neanche si sapeva esistessero, si diventa degli esperti delle discipline più improbabili, ci si emoziona con gli eroi nazionali che riescono a far risuonare l’inno della madre patria salendo sul più alto scalino del podio. Tutti i quattro anni?
È stato deciso, nel 2001, che la XXIX edizione dei giochi sarebbe stata ospitata dalla capitale cinese. La cosa aveva stupito più di una persona. In particolare ci si meravigliava che un Paese che a lungo si era autarchicamente allontanato dalla comunità internazionale, dalla ricca ma poco conosciuta cultura, dalle discutibili scelte politiche potesse essere incaricato di organizzare un avvenimento planetario che si basa sulla comprensione tra le nazioni attraverso la competizione sportiva. Diceva di questa kermesse il barone Pierre de Coubertin, loro promotore: “Ogni quattro anni i G.O. restaurati devono dare alla gioventù del mondo l’opportunità di un incontro felice e fraterno, che a poco a poco dissiperà l’ignoranza in cui vivono i popoli rispetto agli altri, un ignoranza che produce odio, mescola equivoci e conduce ad eventi fino al barbaro sentiero che porta a spietati conflitti”.
Già nel 2001 si alzavano voci polemiche a proposito di alcune scelte politiche della dirigenza cinese che erano in totale opposizione con la filosofia dei Giochi Olimpici, e ancor più con i Diritti dell’Uomo. Veniva subito a tutti alla memoria l’immagine simbolo della primavera-estate del 1989, quello studente con le mani cariche di sacchetti della spesa che si spostava da sinistra a destra per tenersi davanti ai cingolati del carrarmato cinese il giorno dell’intervento dell’esercito in piazza Tian’anmen. Poi, pensandoci bene, ci si ricordava dell’invasione del Tibet, del Dalai Lama in esilio, della politica del figlio unico, della semi-povertà del popolo cinese e di un sacco di altre cose. Come poteva un Paese ripiegato su se stesso e così poco liberale nei confronti della sua stessa popolazione organizzare i Giochi? Semplice: si chiedeva ufficialmente l’impegno dei dirigenti cinesi per migliorare la situazione della libertà d’espressione e dei Diritti dell’Uomo.
Arrivati a qualche mese dai Giochi, diverse associazioni si sono attivate per denunciare il non rispetto degli impegni presi. Si sarebbe continuato a minacciare la Cina di “privarla” dei suoi Giochi quando in realtà, la macchina organizzativa lanciata, sarebbe stato impossibile ritornare indietro. Ed oggi i Giochi Olimpici sono ancora più politicizzati che in passato; e dire che ci sono state la strumentalizzazione hitleriana dei Giochi del ‘36, i boicottaggi reciproci delle due potenze Stati Uniti e Russia durante gli anni della Guerra Fredda, l’attentato terrorista contro la rappresentanza israeliana ai Giochi di Monaco, la bomba di Atlanta ‘96. Ma forse quest’anno l’aspetto politico sarà ancora più importante.
Io mi sono a lungo posto il problema se sostenere l’apertura cinese attraverso ai Giochi oppure le manifestazioni contrarie agli stessi e soprattutto al regime cinese. La presenza di un solo partito, l’esistenza perpetuata di forti disuguaglianza nella società cinese, l’ingerenza da sempre esercitata in quanto Stato Permanente del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, senza troppo entrare nel dettaglio degli efferati fatti legati alla “Rivoluzione Culturale” ed al libro rosso di Mao (non posso ritenere responsabile oggi l’insieme del popolo cinese per gli atti commessi negli anni ‘60 e ‘70) ed i conflitti con la Chiesa Cattolica Romana rappresentata dal Papa mi hanno sempre creato problemi morali. Poi quando ci sono stati i disordini di Lhasa, questa primavera, mi sono accorto che c’erano molte persone che, difendendo la Cina ed i valori di questa società, parlavano in modo negativo del Dalai Lama e, soprattutto, delle sue rivendicazioni politiche. Visto che spesso la verità non sta da una sola parte, ho deciso di mettermi in gioco e di informarmi. Ho quindi partecipato ad una conferenza tenuta da gruppi di sinistra che hanno saputo invitare degli oratori abbastanza informati sulla situazione geopolitica dell’Asia. Tra gli altri, il corrispondente di un importante giornale cinese in Europa. Alla fine il più morigerato nelle sue spiegazioni ed argomentazioni si è rivelato essere proprio l’unico cinese sul palco, ma le informazioni donate lungo tutta la serata si sono rivelate molto interessanti. Il giornalista cinese ha pure risposto, in modo cortese e coerente, ad una mia domanda sulla libertà di stampa, problema che mi sta particolarmente a cuore.
Nonostante gli argomenti apportati alla conferenza, e pur decidendo di non voler sostenere completamente le rivendicazioni dei detrattori dei Giochi Olimpici a Pechino, ho deciso, nel mio piccolo, di dimostrare comunque di non essere d’accordo. Posso capire diversi dei punti che mi sono stati illustrati per spiegare il punto di vista delle autorità cinesi. Ma qui in Europa io, con la mia tessera da giornalista, sono libero di spostarmi da una città all’altra, da un Paese all’altro, e porre le mie domande dove ed a chi voglio, senza remora di essere arrestato od espulso(per ora….). Fino a quando la stessa cosa non avverrà anche in Cina, non potrò difendere le Autorità cinesi. Se i cittadini non possono esprimersi in piazza per protestare su qualcosa, se i lavoratori non sono liberi di riunirsi in sindacati per difendere i loro interessi (ho visto degli attivisti bruciati all’acido e menomati con gambe spaccate), fino a quando i canali di Stato saranno in numero di 19, e i canali privati saranno comunque sottomessi al controllo più o meno esplicito del potere (mi ricorda qualcosa, ma non riesco a capire cosa…….), non potrò smettere di lamentarmi, per non ferire il povero cinese che lui, poverino, non può che essere contento del fatto di ospitare i Giochi, e di poter così cercare di far scoprire un altro aspetto della Cina. In definitiva, non voglio demonizzare la popolazione cinese, ma non posso avvallare i comportamenti della dirigenza. Quindi, le Olimpiadi quest’anno dovranno fare a meno di me. Non siate tristi, con il miliardo di telespettatori che ci sarà, non sentirete neanche la differenza a livello economico. Ma io non sarò là ad “ammirare” il successo organizzativo di questa edizione. Ci rivediamo, forse, tra 4 anni, a Londra.
PS Se e quando avrò un po’ di tempo, vi racconterò quali sono i problemi delle rivendicazioni politiche dal Dalai Lama, ma ora devo partire in vacanza